Milk Hokkaido Bread

Milk Hokkaido Bread


Il Milk Hokkaido Bread è un sofficissimo pane al latte di origine giapponese dal sapore delicato leggermente dolce. La sua caratteristica è di rimanere a lungo soffice e fresco.

Questo è un pane al latte, o meglio un pane dolce al latte, o un pan brioche, sofficissimo e gustoso, e sarebbe scorretto definirlo o associarlo al pan cassetta, anche se si può usare allo stesso modo tostandolo e farcendolo con ingredienti dolci o salati.

Nelle bakery dei paesi orientali come Cina, Giappone, Corea e Singapore, è un pane molto diffuso.

L’Hokkaido è la parte settentrionale delle quattro isole principali che costituiscono l’arcipelago giapponese. 

Una curiosità per i cultori cinefili: questo pane lo possiamo vedere nel film d'animazione di Hayao Miyazaki, "Kiki consegne a domicilio", in cui per tutto il film vediamo la protagonista abitare in una bakery di una cittadina che affaccia sul mare. Assistiamo così alla lavorazione nel forno dove lei farà la commessa quando non dovrà fare recapiti. Kiki entra nel laboratorio mentre il fornaio prepara le sue teglie e sforna, e dice "che delizioso profumino". Delizioso il pane, ma anche il film.

Di sfuggita possiamo vedere questo pane trasformato in tramezzini nel film di Wim Wenders "Perfect Day", sono il pranzo del protagonista. Un film con una colonna sonora pazzesca, lento e particolare, sulle scelte di essere diversi, di saper ascoltare, il coraggio di scegliere una vita diversa, un gioco di luci e ombre alla ricerca del giorno perfetto.

Ma torniamo al nostro Milk Hokkaido Bread e scopriamo qualcosa della sua storia e della scienza che è nascosta in questo pane, oltre ovviamente alla ricetta.

La storia

Il Milk Hokkaido Bread risale al periodo Meji (1868-1912) quando il Giappone ha iniziato ad adottare delle tecniche occidentali, anche nella panificazione. Inizialmente il pane era molto simile a quello francese, successivamente ne è stato prodotto uno più soffice e più adatto ai gusti dei giapponesi.

La ricetta

È stato detto che il Milk Hokkaido Bread è famoso per la sua consistenza molto morbida e il sapore delicato. Ma qual è il segreto per ottenere queste sue caratteristiche che lo definiscono?

La risposta la troviamo nella sua particolare lavorazione e nella scienza.

Questo particolare pane al latte viene preparato con un metodo chiamato tang Zhong: uno starter che si aggiunge all'impasto preparato mescolando a caldo una parte di farina con acqua, latte, o entrambi. Questo tang Zhong, o milk water roux,  assomiglia a una besciamella densa e viene unita all'impasto una volta freddo, sarà quindi necessario prepararlo in anticipo, e sarà proprio questo starter a conferire al pane  una morbidezza davvero unica, una sofficità tutta particolare… come una magia…

 La diffusione di questa tecnica antica tecnica si deve a Yvonne Chen.

Il tang Zhong si prepara mescolando farina e acqua in rapporto 1:5 (ossia per ogni grammo di farina si aggiungono 5 g di acqua) e si cuociono fino a raggiungere la temperatura di 65° C. Durante la cottura gli amidi della farina gelificano, cambiano la loro struttura molecolare, si gonfiano trattenendo l’umidità. Questo non solo consente un miglior sviluppo della maglia glutinica ma permette di mantenere l’idratazione anche all’interno del prodotto da forno. Il successo di questo metodo si deve proprio al fatto che consente di ottenere un pane morbido, elastico e areato che si mantiene per giorni, senza dover usare additivi o conservanti.  

La forma classica è un pane a cassetta: si usa uno stampo per pane cassetta o da plumcake, quello rettangolare, e il pane si può sviluppare più o meno verticalmente a seconda di come lo si preferisce. In realtà si possono fare anche altre forme come panini.

hokkaido milk bread


Ingredienti 


Milk water roux o tang zhong
  • 125 g di latte
  • 125 g di acqua
  • 50 g di farina tipo 0
Impasto
  • 500 g di farina di frumento tipo 0 (12,5 % proteine)
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • milk roux
  • 120-150 g di latte
  • 80 g di burro
  • 55 g uovo intero
  • 30 g di zucchero (o un cucchiaio di miele)
  • 5 g di sale
  • latte per spennellare (o uovo e latte)

Procedimento

Prepara il tang Zhong, o milk water roux.

In una piccola casseruola con una frusta stempera la farina con il latte e l'acqua.

Porta la casseruola sul fuoco e, sempre mescolando come per una besciamella, su fuoco dolce raggiungi la temperatura di 65° C, poi spegni. Versa in roux in un contenitore coperto (anche con pellicola) e lascialo raffreddare. Se per caso si fossero formati dei grumi nel roux, prima di farlo raffreddare passalo al setaccio.

Per l'impasto.

Nella ciotola della planetaria con il gancio amalgama il milk water roux (o tang Zhong) con 100 g di latte, aggiungi il lievito sbriciolato e quando sarà ben sciolto inserisci anche l'uovo leggermente sbattuto. Versa la farina e aziona la planetaria sulla quale avrai inserito il gancio ad uncino. Lavora il composto per circa 10 minuti fino ad avere un impasto omogeneo.

Sciogli lo zucchero (o il miele) nei 20 g di latte rimasti e uniscilo all'impasto, e poi aggiungi anche il sale, e continua a far impastare la planetaria fino a quando i liquidi non sono assorbiti e l'impasto non inizia ad incordarsi.

Un pezzo alla volta aggiungi anche il burro a temperatura ambiente, continua a impastare finché non sarà tutto ben amalgamato. L'impasto dovrà essere morbido, liscio, lucido e ben incordato ed elastico.

Ora puoi procedere direttamente in ciotola, o se preferisci trasferirti su un piano di lavoro, e dai due giri di pieghe alla pasta. Se sei su un piano di lavoro arrotonda l'impasto e mettilo in una ciotola capiente a lievitare coperto con pellicola alimentare. Lascia lievitare in un luogo tiepido a temperatura costante fino al raddoppio del volume.

A lievitazione avvenuta, trasferisci l'impasto su un piano di lavoro e dividilo in tre parti uguali.

Stendi ogni parte, aiutandoti delicatamente con il matterello, in un rettangolo di circa 40*15 cm. Arrotola ogni rettangolo su se stesso sul lato corto, devi ottenere un cilindro lungo 15 cm.

Appiattisci nuovamente ogni cilindro e ripeti l'operazione di stesura e formazione del rotolo.

Sistema i rotoli nello stampo (se serve imburrato e infarinato) con la chiusura rivolta verso il basso.

Copri lo stampo con pellicola alimentare e lascia lievitare. Volendo puoi anche metterlo in frigorifero e lasciarlo lievitare tutta la notte. 

Quando l'impasto è lievitato, preriscalda il forno in modalità statica a 170° C. 

Spennella la superficie del pane con il latte (o se preferisci anche uovo e latte sbattuto), e inforna per circa un'ora. Fai attenzione che la superficie del pane non si scurisca troppo, eventualmente coprila con un foglio di alluminio.

Questo pane si sforna quando la temperatura al cuore, misurata con un termometro sarà di 94° C. Controlla dopo 45 minuti di cottura.

Una volta pronto, sfornalo e lascialo raffreddare su una griglia.


Consiglio: non tagliare subito il pane a fette. Appena sfornato è troppo soffice e risulterebbe difficile. Lascialo raffreddare completamente e taglialo il giorno dopo. Come già detto questo pane rimane soffice per diversi giorni.

Può comunque conservarlo, una volta porzionato, nel congelatore.



Fermi, crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio

Fermi, crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio

vasetti su tavolo con cucchiaino con il fermi, la crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio, sullo sfondo il libro "Le cuoche che volevo diventare"

 Il fermi è una crema al latte dolce di origine afgano molto profumata, un comfort food da cucchiaio con note croccanti e colorate date dai pistacchi e dalle mandorle tritate sistemati sulla superficie per decorare.

Con il progetto #frameofbreak con Gioia e Gabriella questo mese ci siamo date come tema le donne che raccontano il cibo.

Gioia, sul suo nuovo blog Gioia Barbieri, ci parla del libro "Un filo d'olio" di Simonetta Agnello Hornby, accompagnandolo a dei deliziosi biancomangiare. Secondo me Simonetta Agnello Hornby è una delle più grandi food writer dei nostri tempi. In tutti i suoi libri c'è un'attenzione alla descrizione e alla cultura del cibo e della tavola che definirei squisita.

Gabriella, su Homework and Muffin, accompagnata da una torta tenera ci racconta de "I biscotti di Baudelaire" di Alice B. Toklas, un libro di ricette ma non solo.

Per quanto riguarda me tra le varie scelte tra libri e film, alla fine ho optato per una chicca che ho scovato in libreria, un piccolo gustoso libro di Roberta Corradin "Le cuoche che volevo diventare" e da cui arriva la ricetta del fermi la crema dolce, da me rivisitata in un'aroma.

Il libro "Le cuoche che volevo diventare" 

"Le cuoche che volevo diventare" è edito da ET Einaudi nel 2008.

L'autrice, Roberta Corradin è una traduttrice di narrativa e saggistica, scrive di viaggi e cucina.

In questo libro, di un centinaio di pagine o poco più, l'autrice incontra ventuno grandi donne che si raccontano attraverso i loro piatti.

Il libro inizia con la singolare riflessione che la parola chef non ha un equivalente al femminile. Non importa se le donne di cui racconta sono grandi cuoche e alcune anche stellate, loro restano comunque cuoche. 

Spesso si dimentica che dietro ogni chef ci sono state mamme, nonne, zie, cuoche che hanno formato e dato i primi imprinting a questa persona. Bene o male si ritorna sempre alla cucina dei ricordi, a quella che ci emoziona, a quella che ha lasciato il segno.

Il libro è un viaggio, fisico e psichico. Fisico mentre la voce narrante si sposta per andare ad incontrare le donne cuoche, ognuna con una sua storia, da ognuna impara qualcosa, alcune diventano anche amiche. Altre cuoche le incontra lungo il viaggio per caso. 

"L'incontro e lo scambio con ciascuna di queste donne aiutano a ritrovare un pezzetto di sé".

Ma la voce narrante ringrazia anche le cuoche che "non vuole diventare", perché le hanno permesso di capire e di orientarsi e anche loro le hanno insegnato qualcosa.

Andando avanti con i racconti la voce narrante inizia a diventare un personaggio vero e proprio, nel momento finale (non realistico) in cui decide di dare una svolta e da food writer diventare lei stessa una cuoca. Il viaggio è anche un ritorno. 

Il libro è assolutamente piacevole da leggere, ed è un viaggio anche per noi lettori con diversi spunti di riflessione. Impossibile non provare almeno una ricetta o anche più di una, e di non lasciarsi guidare da quella voce narrante.

La ricetta del mio Fermi

vasetto con fermi, crema dolce al latte al cardamomo e fiori d'arancio, su piatto d'ardesia

La ricetta del fermi si trova proprio sul libro "Le cuoche che volevo diventare", viene data alla protagonista da Sadjia Masshour, una donna afgana che racconta della sua vita e di come da insegnate di letteratura nel suo paese natio, è costretta a reinventarsi quando con la famiglia chiede asilo in Francia. Sadjia racconta che la cucina familiare è affidata esclusivamente alle donne, mentre nei ristoranti, nelle taverne e nei mercati i cuochi di professione sono uomini. A Parigi insieme al marito aprono un piccolo locale a Montmatre. Inizialmente, fedele alle tradizioni il marito è in società con uno chef mediorientale che però imparerà le ricette familiari di Sadjia. Ma quando lo chef se ne va, Sadjia decidere di scendere lei in cucina. Sadjia racconta della cucina afgana come una cucina povera ma che viene esaltata dall'uso di spezie e di aromi. Ci sono anche i contrasti forti come al piccante si contrappone la freschezza della menta e dello yogurt caprino. I dolci si mangiano lontano dai pasti e accompagnati da una tazza di tè. 

Ed ecco la ricetta del fermi, una crema dolce al cardamomo "che unisce il lato consolatorio del dessert all'effetto digestivo della spezia" scrive Roberta Corradin.

Nella ricetta Sadjia usa la maizena per addensare e l'acqua di rose insieme al cardamomo per aromatizzare e profumare. 

Mi sono presa la licenza personale di sostituire la maizena con la frumina e, non avendo trovato l'acqua di rose, ho usato l'essenza di fiori d'arancio. Ho dimezzato anche le dosi indicate sul libro e ho riempito 4 vasetti da 125 g, dei barattolini monoporzione che ho guarnito, prima di servire, con pistacchi e mandorle tritate a coltello.

La ricetta è semplice da fare e anche veloce: la crema ha un profumo inebriante, fresca in bocca, una vera coccola, come tutte le creme di latte, ma dai profumi e sapori inusuali. Il croccante e il colore viene dato dalla frutta secca messa in superficie a guarnizione. 

Non resta che metterci ai fornelli.

Ingredienti

  • 25 g di frumina 
  • 500 g di latte
  • 125 g di zucchero
  • 1\2 cucchiaino di cardamomo in polvere
  • 1\2 cucchiaino di essenza di fiori d'arancio 
  • 20 pistacchi
  • 10 mandorle

Procedimento

Stempera la frumina in 125 g di latte freddo, usa una piccola frusta per scioglierla bene.

Scalda il restante 375 g di latte e porta quasi ad ebollizione.

Versa lo zucchero nel latte caldo, mescola per farlo sciogliere.

Abbassa la fiamma sotto la casseruola del latte e versa a filo la miscela di frumina, aggiungi il cardamomo e l'essenza di fiori d'arancio.

Cuoci la crema per circa cinque minuti dal bollore, continuando a mescolare, finché la crema non vela il cucchiaio e si addensa.

Dividi ora la crema in 4 coppette e lascia intiepidire, poi conserva in frigorifero fino al momento di servire.

Servi cospargendo la superficie con mandorle e pistacchi tritati a coltello.



Gaufres de Liège

Gaufres de Liège

gaufre de Liège



Le Gaufres de Liège sono una preparazione tipica della città di Liège, e in Belgio sono considerate quasi un'istituzione nazionale. Questo tipo di gaufres sono diffuse anche in Francia.

La gaufres di Liège apparentemente assomiglia a un waffle, o alla gaufres de Bruxelles, ma l'impasto è completamente diverso. Infatti il waffle o la gaufres de Bruxelles sono fatti con la pastella, mentre la gaufres de Liège ha un impasto lievitato come quello di una pasta brioche, croccante fuori, morbido e burroso l'interno, impreziosito da zucchero perlato che, nella cottura, si scioglie e caramellizza rendendo la gaufre leggermente appiccicosa al tatto, da leccarsi le dita in tutti i sensi. 

Si trovano come street food, per strada, o nelle sale da tè, si possono mangiare in tutte le stagioni sia fredde che calde, ma sono di gran lunga da preferire calde, al naturale, al massimo con una spolverata di zucchero a velo, ma si possono anche avere con una varietà diversa di condimenti come cioccolato, panna montata o frutta.

Scopriamo qualcosa di più sulla storia della gaufre de Liège.

Storia della gaufre de Liège

La ricetta della gaufre si era diffusa in tutta Europa grazie ai Romani, e nel Medioevo venne perfezionata dai belgi. 

Le origini della Gaufre de Liège sono avvolte nella leggenda, ma quella più diffusa racconta che il Principe di Liegi, nel XVIII secolo, chiese al suo pasticcere di creare un dolce che rappresentasse la città e che utilizzasse lo zucchero, una novità all'epoca. Il pasticcere creò una gaufre con un impasto ricco di burro e zucchero perlato, che cuoceva in ferri speciali a forma di nido d'ape. Il successo fu immediato e la gaufre de Liège divenne un simbolo della città.

I primi reperti storici ufficiali risalgono al 1890 quando la ricetta appare per la prima volta pubblicata nel libro di cucina “Le Journal de Cuisine" pubblicato a Liegi.

Verso la fine del XIX secolo la gaufre de Liège diventa un cibo da strada popolare a Liegi e in Vallonia. Ancora oggi in Belgio si celebra il “Jour de la Gaufre” il 25 marzo.

gaufre de Liège

La ricetta della gaufre di Liège

La gaufre de Liège è una pasta brioche morbida arricchita con zucchero perlato, burrosa, il suo delizioso profumo riempirà casa. 

Lo zucchero perlato è indispensabile per la realizzazione della ricetta: in cottura le perle di zucchero delicatamente si sciolgono all'interno, conferendo quel particolare e unico gusto caramellato. Inoltre alcune perle di zucchero potrebbero non sciogliersi completamente lasciando delle piccole pepite dolci. Se proprio non riusciamo a trovare lo zucchero perlato, anche se non è proprio lo stesso, si può provare a sostituire con la granella di zucchero.

Nell'impasto viene usato il lievito di birra che aiuta ad avere la gaufre croccante fuori e morbida dentro.

La cottura tra due piastre roventi antiaderenti gli conferisce il caratteristico aspetto a nido d’ape.

Mio tocco personale l'aggiunta della buccia grattugiata di mezzo limone.


Ingredienti

  • 250 g di farina per pane
  • 125 g di latte
  • 3 g di lievito di birra fresco
  • 55 g d'uovo (1 uovo) 
  • 125 g di burro morbido
  • una fialetta di essenza vaniglia (o 1/2 cucchiaino)
  • zest di 1/2 limone (mia aggiunta)
  • 15 g di zucchero semolato
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 100 g di zucchero perlato
  • zucchero a velo per decorare

Procedimento

Puoi impastare a mano o con la planetaria, se usi la planetaria monta il gancio a uncino.

Sciogli il lievito di birra nel latte.

Nella ciotola metti la farina, lo zucchero e il sale, mescola.

Versa il latte nelle polveri e inizia a impastare. 

Aggiungi le uova leggermente sbattute, la vaniglia e la buccia di 1/2 limone grattugiata, continua a lavorare per farle assorbire dall'impasto.

Poco alla volta aggiungi il burro morbido e impasta finché non sarà tutto assorbito e l'impasto non si staccherà dalle pareti.

Copri e lascia riposare per 10 minuti, poi aggiungi lo zucchero perlato e lavora qualche minuto a mano affinché siano ben incorporate nell'impasto.

Metti l'impasto in una ciotola capiente, copri con pellicola alimentare e lascia lievitare a temperatura ambiente per 3-4 ore (2 ore invece d'estate quando fa caldo).

Spolvera leggermente il piano di lavoro con la farina, versa l'impasto sul piano dividilo formando delle palline di circa 70-80 g l'una.

Scalda la piastra per i waffle alla media potenza. Metti la pallina della gaufre al centro della piastra e cuoci per circa 3/4 minuti. Continua con tutte le palline. Il tempo di cottura potrebbe leggermente variare in base alla potenza della piastra.

Servi tiepide, per la classica gaufre sucrée con lo zucchero a velo, o farciti a piacere con panna montata e frutta fresca o creme spalmabili, o cioccolato..



    Sandwich baguette

    Sandwich baguette

    sandwich baguette

    Il sandwich baguette è la versione francese del panino. 

    Ovviamente non si tratta di una baguette intera, ma di una parte. 

    La mia preparazione, è assolutamente semplice, non ha nulla di complicato, credo che chiunque sia in grado di farsi un panino, quindi perché parlarne?

    Semplice, innanzi tutto i panini si fanno ovunque, o parafrasando una canzone "all around the world". Poi questo particolare tipologia di sandwich (ovviamente rivisitato da me nella farcia) era nel film di cui parleremo tra poco e che ho associato al tema della lentezza. Premetto che il film è tutt'altro che lento, è molto piacevole, ma la lentezza è il tema che ci siamo date con le mie amiche del progetto #frameofbreak

    Un tema particolare che può essere interpretato e declinato in molti modi. 

    Nel web, se facciamo una ricerca con il termine lentezza troviamo una bella bibliografia: dai libri per bambini, le favole per tutti come quella di Louis Sepulveda "L'elogio della lentezza", testi in cui lentezza o "slow" sono lo stile di vita a cui aspirare, in netta contrapposizione alla vita frenetica a cui siamo sottoposti.

    In questo stile di vita "slow" possiamo ritrovare e un riscoprire uno stile di vita personale, tempi e modi non dettati da altri ma i nostri, il piacere di vivere il momento e poterlo assaporare. La pausa caffè, il prendere il caffè in compagnia diventa la scusa per fare due chiacchiere, la lettura di un libro, il prendersi del tempo per sé stessi, vedere un film, andare al cinema, etc., ma anche ritrovare il piacere (sì il piacere) di annoiarsi.

    Ma questo lo possiamo anche riportare nel nostro quotidiano in cucina: dove tutto corre veloce e fast, ritrovare il piacere del tempo lento di cucinare come una volta, impastare a mano e lasciare il giusto tempo della lievitazione e della cottura, i ritmi della natura.

    Su questo tema della lentezza Gabriella Rizzo, del blog Homework and Muffin, ci parla de "L'inganno della lentezza" di Enrico Tommasi e l'associa a dei golosi cupcake al cioccolato con glassa al mandarino

    L'autore parla di un viaggio, a piedi, diverso dal solito, e questo viaggio diventa anche un viaggio interiore e una consapevolezza che la lentezza non è un difetto ma una medicina.

    Con questa consapevolezza sulla lentezza, mi sono presa una piccola pausa per andare al cinemaa vedere uno dei miei autori e registi preferiti: Woody Allen con Coup de Chance, tradotto in italiano con Colpo di fortuna.

    Il film: Colpo di Fortuna (Coup de Chance)

    Colpo di Fortuna è il cinquantesimo film scritto e diretto da Woody Allen, ed è il primo girato a Parigi. Nel film affronta con il suo stile i temi a lui cari: le dinamiche di coppia, e la contrapposizione tra razionalismo e sentimenti, in una commedia noir.

    In questo film Woody Allen riprende un tema, che era già presente nelle commedie greche, e che fa parte della vita così come nella rappresentazione scenica: le coincidenze, il caso e la fortuna. Il regista fa capire come tutti siamo in balia di questi elementi, e se vogliamo il tema della coincidenza è il fil rouge che collega molte su produzioni.

    Ci ritroviamo in una Parigi autunnale, colonna sonora l'immancabile jazz, eccentrici personaggi dell'alta borghesia alla ricerca della personale ed egoistica felicità. Elemento disturbatore della commedia è lo scrittore che abita in una soffitta bohémienne. Tra pettegolezzi, allusioni, verità nascoste da altre parole, atteggiamenti ambivalenti, è buffo che la verità venga "indovinata" da personaggi con mentalità "complottiste" a cui non si sa se dare credito.

    La commedia all'apparenza leggera ha un tema di sottofondo un po' amaro. Immancabile il sarcasmo e il pizzico di noir con delitti del regista. A dispetto di uno dei personaggi centrali che dice di non credere alla fortuna e al caso e che lui la fortuna se la crea, ecco arrivare l’immancabile caso a fine film per dimostrare la tesi che la fortuna e il caso esistono. Un finale un po' a sorpresa che lascia quasi con un punto di domanda e facoltà allo spettatore di decidere a cosa credere.


    sandwich baguette


    La ricetta dei sandwich baguette

    Mentre riflettevo e pensavo al tema lentezza e come svilupparlo, una parte di me aveva un forte desiderio di una merenda che mi preparava la mia nonna: un panino con il burro e le melanzane sott'olio fatte da lei. Mia nonna era originaria di una bellissima terra, ora patrimonio Unesco e patria della dieta mediterranea con il suo stile di vita lento dettato dai ritmi della natura.

    Ma sto divagando, era solo una premessa sulla scelta degli ingredienti che sono finiti a farcire un sandwich baguette. Tra l'altro mi è stato riferito che una volta questi sandwich francesi erano riempiti con burro, prosciutto e cetriolini sott'aceto.

    Ma torniamo ai sandwich baguette che vengono tranquillamente mangiati in una pausa pranzo in un parco parigino: una tranquilla e piacevole pausa rilassante.

    Ed ecco la mia interpretazione del sandwich baguette con la baguette fatta in casa, a mano, lentamente e rispettando i tempi naturali di lavorazione riposi. Per prepararti le baguette con la poolish (un prefermentato) segui il link. Altrimenti puoi sempre comprarla in una buona panetteria.

    Non resta che farcire con quello che preferisci.

    Ingredienti

    • 1 baguette
    • prosciutto crudo
    • insalata fresca
    • burro
    • filetti di melanzana sott'olio

    Preparazione

    Prendi una baguette, dividila in pezzi per fare i panini.

    Prendi un pezzo di baguette, taglialo a metà, spalma un velo di burro su entrambi i lati. Scola e strizza, per far perdere l'olio in eccesso i filetti di melanzana e sistemali su una metà. Sopra adagia due fette di prosciutto crudo, chiudi il panino con l'altra metà.

    L'altro sandwich baguette farciscilo con insalata, ben lavata e strizzata, e prosciutto crudo.




    Focaccia della Befana

    Focaccia della Befana



    focaccia della befana


    La focaccia della Befana è un lievitato dolce di tradizione piemontese che si prepara proprio per il giorno dell'Epifania.

    La focaccia è un pan brioche basso profumato di origine popolare che si prepara solo ed esclusivamente per il giorno dell'Epifania. 

    Originaria del Basso Piemonte, ora diffusa in tutta la regione, la focaccia rientra nell'elenco dei prodotti PAT.

    Sembra che anticamente la focaccia fosse preparata con ingredienti reperibili in tutte le case: farina, latte, uova, lievito e zucchero. Solo successivamente è stata arricchita dagli aromi di arancia, vaniglia, e nelle recenti rielaborazioni si possono trovare anche i canditi nell'impasto.

    La leggenda vuole che all'interno venga nascosta una fava, o due, una bianca e una nera. Nella zona del cuneese era tradizione che chi trovava la fava nera doveva pagare il vino mentre chi trovava la fava bianca doveva pagare la focaccia.

    Da che ho memoria nella focaccia ho sempre visto una sola fava, che portava l'augurio propiziatorio di anno fortunato per chi l'avesse trovata.

    La ricetta

    La focaccia della Befana è un lievitato dolce la cui caratteristica è la forma bassa che ricorda un sole o un fiore, nascosto all'interno c'è la fava portafortuna.

    Per realizzare la focaccia io ho preparato un mix aromatico, ma si può anche non fare e inserire direttamente nell'impasto la buccia di arancia grattugiata e l'essenze. Se non fai il mix aromatico puoi anche non mettere il miele e aumentare la dose di zucchero a 120 g.

    Questo dolce è perfetto per una merenda in compagnia con una buona tazza di tè.

      
    Ingredienti
    • 500 g di farina tipo 0 (proteine 12,5-13%)
    • 120 g di burro
    • 8 g di lievito di birra fresco
    • 100 gr di zucchero semolato
    • 25 g di miele millefiori
    • 120 g uova bio
    • 150 g di latte fresco
    • 10 g sale
    • 5 gocce di essenza di vaniglia o fiori d'arancio
    • buccia grattugiata di un'arancia bio
    • fava secca 
    • latte per spennellare
    • granella di zucchero

    Procedimento

    Prepara il mix aromatico il giorno prima di impastare la focaccia. In una tazza mescola il miele, le essenze e la buccia grattugiata dell'arancia, copri con pellicola e metti da parte. 

    Per impastare puoi procedere a mano o usare la planetaria con il gancio ad uncino.

    Sciogli il lievito nel latte.

    Metti in un'ampia ciotola la farina, mescolala allo zucchero, versa il latte con il lievito e inizia ad impastare.

    Quando il latte è stato assorbito metti il sale e poi aggiungi le uova leggermente sbattute, continua a lavorare l'impasto.

    Ora inserisci gli aromi, o il mix aromatico, sempre continuando a lavorare per amalgamare bene gli ingredienti.

    Infine aggiungi il burro morbido a pezzi, uno alla volta e non inserire il successivo finché il primo non è stato assorbito.

    Per ultimo inserisci la fava, lavora ancora finché l'impasto non sarà lucido, incordato ed elastico.

    Copri con pellicola alimentare la ciotola con l'impasto e mettila in frigorifero per 12 ore.

    Fodera con carta forno una teglia o una tortiera da 32 cm (in alternativa imburra), schiaccia l'impasto all'interno. La pasta sarà dura e poco lievitata.

    Con una tazzina o un tagliabiscotti rotondo crea il centro, ma non incidere la pasta. Ora con un tarocco o un coltello dividi l'impasto in 4, poi ogni quarto in tre parti. Avrai così dodici spicchi. Arrotola ogni spicchio su se stesso formando delle eliche. Copri con pellicola e lascia lievitare fino al raddoppio.

    Prima di infornare spolvera la focaccia con la granella di zucchero, poi cuoci in forno preriscaldato, statico, a 180° C per 30-40 minuti.

    Sforna e lascia raffreddare su una gratella per dolci prima di servirla.


    Focaccine, scones, ai mirtilli

    Focaccine, scones, ai mirtilli

     

    focaccine ai mirtilli



    Le focaccine, o scones, ai mirtilli mi accompagnano nella lettura del romanzo di Erica Bauermeister “La scuola del ingredienti magici”, dove sono citate.

    Il libro, trovato per caso, e la ricetta che l’accompagna conclude questo mese di dicembre, e questo anno 2023. 

    Dicembre è un mese che profuma di spezie, doni e buoni propositi per il nuovo anno.

    Anche noi di #frameofbreak abbiamo pensato di parlare di generosità e doni, e il romanzo letto sembra perfettamente inserito nel tema.


    Gabriella Rizzo, del blog Homework and Muffin ci delizia con i Pabassini e “Il dono di Natale” di Grazia Deledda.


    La scuola degli ingredienti segreti

    Il romanzo di Erica Bauermeister è una delicata storia in cui la vita di diverse persone si intrecciano durante un corso di cucina. La protagonista è una chef, proprietaria di un ristorante dall’ambientazione molto particolare, intima e accogliente. 

    Il libro comincia proprio con il prologo della chef che racconta come abbia scoperto la sua passione per la cucina e il magico potere degli ingredienti sin da piccola.

    Gli allievi che una volta al mese si ritrovano al corso scoprono ben presto che Lillian non è una docente convenzionale: non fornisce loro delle dispense o un ricettario, ma preferisce che i suoi allievi si affidino all’osservazione e ai sensi, rispettando sempre gli ingredienti che usano.

    “Cucinare - dice Lillian - è imperniato sul gusto personale: aggiungi un pizzico in più di questo o quello finché ottieni il sapore desiderato. La pasticceria, però, è diversa. Devi assicurarti che alcune combinazioni siano esatte. Essenzialmente, una torta è in realtà una delicata equazione chimica: un equilibrio tra aria e struttura.”

    Gli otto allievi che per motivi diversi si sono trovati al corso presto scopriranno qual è il loro ingrediente segreto, e il magico potere terapeutico della cucina.

    L’autrice ha la capacità di descrivere i piatti e le preparazioni con una cura e un amore ricche di dettagli, sembra quasi dipingerli con le parole: possiamo vedere tutti i passaggi, le consistenze esattamente come se fossimo presenti, lo chiama il potere del realismo magico.


    Non voglio raccontare la trama o peggio il finale, il libro è così piacevole e delicato che è stato una piacevole scoperta. Confesso che sono stata attratta dal titolo e mi sono ritrovata tra le pagine a ripensare al potere degli ingredienti, alla cucinoterapia, al potere emozionale e curativo del cibo. Basta saper ascoltare e osservare.


    E poi ci sono i doni. Cucinare è un atto d’amore, quando non è solo dover mangiare per sopravvivere. E il dono non sempre è qualcosa che ci viene dato. La stessa autrice lo scrive tramite Abuelita, che ha un negozio pieno di spezie e ingredienti magici e diventa una sorta di guida per la protagonista.


    Riflettendoci anche noi abbiamo i nostri ingredienti a cui siamo più legati o che ci ricordano qualcosa, e forse anche a noi è stato fatto "quel dono".

    Come i personaggi del libro anche noi dobbiamo ritrovare il nostro tempo e prenderci il giusto ritmo per poter usare i nostri sensi, saper ascoltare, rispettare, "gli ingredienti" e noi stessi. 

     


    Focaccine, scones, ai mirtilli

    Gli scones o focaccine sono dei dolcetti immancabili nel tradizionale tè inglese delle cinque. Pare risalgano al diciannovesimo secolo quando, dice la leggenda, la Duchessa di Belford chiese che le venisse servito uno spuntino pomeridiano con del tè caldo e delle tortine. Successivamente la Duchessa prese l'abitudine di invitare le amiche per il tè pomeridiano, inaugurando così un rituale destinato a diventare una sociale. Questo nuovo rito sociale arrivò sino a corte dove la Regina Vittoria organizzò sontuosi ricevimenti con il tè.

    Dopo questa curiosità storica veniamo alla ricetta degli scones. Ci troviamo davanti a una ricetta tradizionale della quale possiamo trovare diverse versioni: più soffici o più friabili, con uvetta, semplici o rivisitazioni come in questo caso con i mirtilli.

    Per un tradizionale tè inglese vanno serviti accompagnati da "clotterd cream" che è una panna densa che possiamo sostituire con panna appena montata, o panna e burro, o panna e mascarpone, e confettura di lamponi (o altra a piacere).

    Ingredienti

    • 300 g di farina tipo 0 + quella per il piano di lavoro
    • 40 g di zucchero
    • 80 g burro
    • 10 g lievito per dolci
    • 1 uovo
    • 150-200 ml latte intero
    • 75 g mirtilli o uvetta

    Procedimento

    Scalda il forno a 220° C e rivesti una teglia con un foglio di carta forno.

    In una larga ciotola metti la farina, il burro tagliato a cubetti e il lievito. Lavora gli ingredienti, con la punta della dita, fino ad avere un composto briciolo.

    Unisci lo zucchero e l'uovo e mescola con un cucchiaio in modo da incorporare tutti gli ingredienti.

    Versa metà del latte e mescola ancora delicatamente con il cucchiaio, quindi unisci il latte rimasto, poco alla volta, continuando a mescolare fino ad ottenere un impasto molto soffice e leggero. Osserva bene l'impasto che stai lavorando perché potrebbe non essere necessario tutto il latte. Infine aggiungi i mirtilli e incorporali delicatamente all'impasto.

    Trasferisci ora l'impasto su un piano di lavoro infarinato e inizia a lavorarlo facendo dei giri di pieghe finché l'impasto non sarà morbido (e non più appiccicoso), ma attenzione a non lavorarla troppo.

    Ora stendi l'impasto, aiutandoti con un po' di farina per il piano, dal centro verso l'alto e poi dal centro verso il basso, ruotala di 90° e prosegui così fino ad ottenere uno spessore di 2,5 cm circa. "Rilassa" la pasta sollevando delicatamente i bordi e lasciandola ricadere sul piano di lavoro.

    Ora usa un tagliabiscotto rotondo per ricavare gli scones e sistemali sulla teglia distanziati tra loro. Una volta che avrai ritagliato tutta la pasta, impastala e stendila di nuovo. Fallo una sola volta perché poi l'impasto inizierà a diventare gommoso.

    Spennella la superficie degli scones con un po' di latte e inforna per 15 minuti circa, sino a che saranno gonfi e dorati.

    Falli intiepidire su una gratella e poi servili.


    Created By lacreativeroom